Cos'è?
LA MOSTRA
Fresca inizia a dipingere già ai tempi del liceo, ma la sua arte ha una svolta nel momento che intraprende il percorso universitario conclusasi con una tesi su Enrico Castellani che lo porta a sperimentare quel minimalismo materico che in parte lo avvicina allo spazialismo di Lucio Fontana. Sarebbe comunque riduttivo associare il l’arte di Fresca al solo Castellani poiché più che sull’oggetto finale è il processo creativo che diviene protagonista.
Fresca parte dalla tela bianca ed è su questa, che come nella vita che ci pone dinanzi a scelte, costruisce strato dopo strato, in un divenire costante la sua opera. La superficie è spesso trattata in modo che si possano percepire le tracce del lavoro manuale, attraverso rotture, bruciature e segni che esprimono fisicità e tensione. In molti casi, l'arte di Fresca è intesa come una sorta di “combat” tra il pittore e la tela, un vero e proprio dialogo con il materiale. Notiamo in questo, con tutto rispetto, un ispirarsi a Burri, riuscendo a trasmettere una sensazione di forza e ruvidezza, ma anche di tragedia e introspezione.
La pittura diventa un linguaggio in cui il corpo è coinvolto in prima persona: la sofferenza, la tensione, la distruzione e la rigenerazione sono tematiche centrali. I quadri di Fresca si contraddistinguono per una gestualità e un linguaggio che, pur rimanendo astratto, tende a evocare delle atmosfere atmosferiche, come se cercasse di rappresentare nuvole, vapore, o spazi eterei che però si concretizzano attraverso l’uso della materia. Le forme, pur non figurative, richiamano un mondo in continua evoluzione, quasi "in movimento", che non si ferma mai su una forma definita.
Le opere contengono elementi spaziali e fisici, attraverso l’uso di materiali industriali, sembrano esprimere tensione e movimento danno l'idea che la pittura sia un luogo dove il corpo, il gesto e lo spazio si incontrano, spesso creando una forte sensazione di tensione. Fresca riesce attraverso il suo lavoro a catturare il senso di movimento e lotta che fanno parte della nostra umanità grazie alla considerazione e attenzione al materiale e alla composizione spaziale. Riesce a dare un dinamismo visivo, gestito con una certa fluidità, lo spazio si amplia e si restringe portando lo spettatore al suo interno. L’utilizzo di materiali diversi, crea texture ricche che sollecitano il senso del tatto e liberano la pittura dalla bidimensionalità. L'energia dell'artista si fa tangibile, e spesso l'opera prende vita attraverso il gesto stesso del pittore.
Fresca si libera da ogni tipo di rappresentazione figurativa, concentrandosi sull’espressione pura del gesto, sull'emotività e sulla matericità, la sua emotività è immediata e il legame tra l'artista e l'opera diventa tangibile. Non è facile creare opere ispirandosi all’arte informale, si può cadere nel banale, creare mere copiature prive di quel potenziale emotivo, tuttavia Giuseppe Fresca è riuscito attraverso la materia, il gesto e la dinamicità a rimanere fedele a quelli che erano i linguaggi e le intenzioni del movimento riuscendo a cogliere la vera forza dell'Informale che risiede nella sua autenticità e nella capacità di trasformare l'arte in un veicolo diretto di emozioni e pensieri, piuttosto che in un esercizio puramente estetico. Fresca ci è riuscito dando all’opera una vibrazione carica di energia.
Testo critico a cura del Prof. Antonino Ferdinando Bruno
BIOGRAFIA
Giuseppe Fresca, nato a Vibo Valentia, cresciuto in un ambiente ricco di stimoli, sin da bambino, passa i pomeriggi tra articoli di giornale nella redazione dove lavora il padre e la casa dei nonni materni circondato da icone sacre e tradizione calabrese.
È durante l’infanzia in Calabria che ha avuto il primo incontro con il mondo dell’arte, rimanendo colpito dalle statue sacre, in particolare dal gruppo scultoreo ligneo raffigurante il Cristo crocifisso collocato nella nicchia dell’altare della Chiesa di Santa Maria degli Angeli di Vibo Valentia, realizzato nel ‘600 da Padre Giovanni da Reggio Calabria.
Trasferitosi a Roma nel ‘99 preso dalla curiosità di scoprire chi fosse Mattia Preti, a cui era dedicata la via della casa nativa, iniziò a ricercare nelle prime enciclopedie on line le opere del pittore calabrese. Questa passione è cresciuta nel tempo e lo ha accompagnato durante tutta l'adolescenza soprattutto grazie anche al suo professore di Storia dell’Arte del Liceo.
Conseguita la laurea in Lettere, con una tesi in Storia dell’Arte Contemporanea su Enrico Castellani, durante il lavoro di ricerca per la stesura della tesi, ha approfondito l’arte Informale che lo ha portato a conoscere e successivamente sperimentare nuove tecniche e nuovi materiali. Le sue opere rappresentano in pieno i segni che un trauma lascia nel profondo, oltre la pelle fino ad arrivare sulla superficie dell’anima.
La materia, i colori ed i vari strati di differenti materiali rendono la superficie tridimensionale ponendo l’ osservatore ad immergersi in pieno nell’opera, entrando a contatto con le cicatrici dell’artista.
«Tutto passa, ma tutto rimane. Questa è la mia sensazione più profonda: che niente si perde completamente, niente svanisce, ma si conserva in qualche modo e da qualche parte. Ciò che ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo. » (Pavel Aleksandrovič Florenskij, Non dimenticatemi, 1933-1937, Mondadori 2000, p.156)